Il ritorno di Mathieu
28/05/2024 4 Minuti di lettura

Il ritorno di Mathieu

Il giovanissimo bollatese ci racconta la sua esperienza alla Lake Castle di Barry Butera. L’incoraggiamento di papà Christian agli altri genitori.

L’anno scolastico volge al termine e così l’esperienza americana di Mathieu Silva, che possiamo considerare un vero e proprio apripista per il percorso che la FIBS sta aprendo con l’obiettivo di consentire ai giovani talenti italiani di vivere opportunità di crescita sportiva, culturale e umana dove il baseball, il softball e il loro insegnamento sono all’avanguardia.

Lo sviluppo individuale, ma anche il trasferimento di tecniche, metodi e approccio alla disciplina una volta completata la ‘trasferta’ sono il patrimonio sul quale il movimento italiano può contare per gemmare nei club italiani quanto i nostri ragazzi e le nostre ragazze riportano a casa con sé.

La College Pipeline impostata con la Italian American Baseball Foundation conta già su diversi elementi e anni di esperienza, ma l’avventura di Mathieu, svolta a livello di scuola media, nelle esperte e sapienti mani di Barry Butera, preside e head coach alla Lake Castle, oltre che ex campione e papà del bench coach dell’Italia al Classic, Blake, rappresenta una ‘prima’ sulla quale vale la pena approfondire i dettagli, cogliendoli dalla voce del diretto interessato.

Ciao Mathieu, a parte la breve pausa natalizia, hai vissuto in un mondo diverso come quello della Louisiana per sette mesi e senza la tua famiglia. Un’esperienza certamente rara per un ragazzo di 13 anni. Quale è il primo commento che ti senti di fare, pensando soprattutto ai tuoi coetanei di qui?

“È stato incredibile vivere in America e ho dato il massimo per provare ad arrivare al livello di gioco dei miei compagni di squadra. Credo che si debba proprio amare il nostro sport per avere la forza di resistere e vivere al meglio quella che è stata la mia esperienza là. Per fortuna ho avuto anche persone meravigliose al mio fianco, Barry, Manny e Sue, gli insegnati e tutti i compagni di scuola e di squadra, tutti mi hanno aiutato a viverla più facilmente e spero che sarà lo stesso per i ragazzi che in futuro avranno la mia stessa occasione.”

Hai trovato complicato ambientarti oppure è stato più facile di quello che immaginavi? 

“Nei primi tre mesi che ho passato in Louisiana è stato un po' complesso dal punto di vista della lingua e quindi non riuscivo a conversare con le persone in modo fluente come invece è stato negli ultimi mesi. Devo dire che ce lo aspettavamo tutti, quindi non ero tanto sorpreso e sapevo che alla fine dell'esperienza mi sarei trovato sicuramente meglio.”

Com’era la tua giornata-tipo?

“La mia giornata tipo era sveglia alle 5:30 del mattino, mi preparavo per l'allenamento della battuta, alle 8:00 mi vestivo con la divisa scolastica ed entravo in aula per 7 ore.
Dopo la scuola mi vestivo con la divisa da allenamento di baseball (o degli altri sport giocati) e ci allenavamo per 2 ore e mezza circa.
Tornato a casa, mangiavo, mi allenavo con il mio coach Manny, doccia, cena e finalmente andavo a dormire.”

Hai giocato in due squadre diverse: raccontaci pregi e difetti di questo aspetto.

“Sicuramente uno dei pregi è vedere come giocasse la squadra A, la più forte e apprendere il più possibile da loro. Un altro pregio è che, giocando in due squadre, giocavo più partite imparando sempre di più. Un difetto è difficile da trovare quando giochi tutti i giorni della settimana allo sport che ami.”

Ti sarai fatto tanti amici. Hai trovato più differenze o somiglianze nelle cose che amano fare i ragazzi negli Stati Uniti e quelli italiani?

“Il tempo libero dei ragazzi americani è molto diverso da quello dei miei amici qui in Italia. Ad esempio, per i ragazzi americani è normale andare a cacciare o andare a pescare quando per i miei amici qui sarebbe molto strano; anche se forse dipendeva dal fatto che non abitassimo in una grande città, ma in una zona circondata dalla natura. Mi sono divertito molto a fare attività che non avevo mai provato.”

Quale è il ricordo più bello che porti a casa e quello che pensi di avere lasciato ai tuoi amici di Madisonville?
“Prima che tornassi in Italia a dicembre, era domenica, a sorpresa, tutti i compagni di squadra sono venuti a prendermi a casa per portarmi a vedere una partita di basket, sport che seguo anche in Italia. Siamo andati tutti insieme ad una partita di NBA al palazzo dei New Orleans Pelicans, dove abbiamo avuto anche il permesso di fare una foto al centro del campo, una giornata indimenticabile. 
Ai miei amici ho lasciato la possibilità di venire in Italia in qualsiasi momento, ospitarli e accompagnarli in visita nel nostro bellissimo paese.”

Scopriamo anche il punto di vista dei genitori: papà Christian, a fine di questo percorso, come hai trovato Mathieu?

“Mathieu è tornato decisamente cresciuto dal punto di vista fisico, praticare tanti sport e in modo così intenso l’ha senza dubbio aiutato.
I mesi fuori casa l’hanno rinforzato nel carattere, fortunatamente l’indole l’ha supportato: comunica e si relaziona facilmente con tutti e aver intensificato lo studio dell’inglese, prima di partire, gli ha permesso una più facile integrazione.
Al ritorno ha subito ripreso gli allenamenti con il Rho baseball, il desiderio di giocare anche in Italia e di affrontare le nuove sfide con gli strumenti acquisiti in America ha stimolato Mathieu, il cui desiderio è anche quello di continuare a migliorarsi nel gioco.”

E quale è il tuo messaggio per gli altri genitori che potrebbero trovarsi di fronte alla stessa opportunità? 

“Il mio è un messaggio di incoraggiamento, come si può immaginare, data la giovane età di un ragazzo (13 anni) a cui potrebbe essere offerta la stessa occasione, sono tanti gli aspetti da considerare, pensando che rimarrà per mesi in una realtà nuova. Si lascerà tutto alle spalle: le radici, le abitudini, i famigliari, gli amici e compagni di scuola e squadra, ma non immaginiamo nemmeno quali risorse siano in grado di tirar fuori i ragazzi nel momento in cui sono messi alla prova.
La rete famigliare e sociale che Mathieu ha trovato, da Barry Butera a Manny Estrada e tutti gli attori già citati e il supporto della FIBS, con il costante impegno di Gianmarco Faraone, che segue i rapporti internazionali della Federazione, ci ha rassicurati, sapevamo che l’avrebbero accolto come uno di loro e così è stato.”

La strada è aperta ed è auspicabile che a breve sia percorsa da altri giovanissimi e appassionati atleti come Mathieu.

Nella foto, Mathieu al centro con il numero 3 dei Lake Castle Jets

Marco Landi